RAMO 8.0
2023
Alessandro Sciaraffa (Torino, 1974)
Vive e lavora a Torino. Si laurea in Architettura al Politecnico di Torino, studia alla Fondazione Spinola Banna e si diploma al corso Designing the exhibition alla Domus Academy di Milano.
Vincitore di premi nazionali e internazionali, ha esposto a Torino alla Fondazione Merz, alla Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea e alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo.
Tra le principali personali: Ti porto il mare, Fondazione Merz, Torino (2011), VITRINE, GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea, Torino (2012), Greater Torino, Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Torino (2013), I Lunatici parlano alla luna, Galleria Giorgio Persano, Torino (2014), The Winter Symphony, Museo Ermitage, San Pietroburgo (2019), Ground Moscow, Moscow (2019), Cosmonautica – GAM Castello di Costiglilole d’Asti (2019); De Umbris Idearum, San Severo al Pendino, Napoli (2019), Aurora, XXII edizione di Luci d’Artista, Torino (2019), Sinfonia, GAM Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea, Torino (2021), Sinfonia, TSE Art Destination, Nur Sultan, Kazakhstan (2022), Meditazioni sonore per un paesaggio lagunare, Festival Cinema Galleggiante, Venezia (2022).
RAMO 7.0
2022
Monica Lundy (Portland, 1974)
Vive e lavora tra Roma, California e Cordenons. I dipinti e le installazioni a tecnica mista di Lundy si basano su ricerche specifiche condotte in archivi, musei e biblioteche di tutto il mondo. La sua ricerca cerca di portare alla luce storie del passato, con particolare attenzione alle persone e ai luoghi che sono stati emarginati dalla società. Con un’enfasi particolare sull’installazione pittorica site-specific, il lavoro di Lundy utilizza mezzi pittorici non tradizionali, come la porcellana liquida, l’argilla, il metallo arrugginito e la carta bruciata. Le sue installazioni sono state realizzate in luoghi principalmente non convenzionali come Alcatraz Island (l’ex penitenziario federale nella baia di San Francisco), Fort Point (un ex avamposto militare sotto il Golden Gate Bridge di San Francisco) e Santa Maria della Pietà (l’ex manicomio di Roma). Lundy ha conseguito un MFA in pittura presso il Mills College (2010) e un BFA in scultura presso la School of the Art Institute of Chicago (1996). Ha ricevuto una Irvine Fellowship, un San Francisco Arts Commission Grant e il
Jay DeFeo Award ed è stata artista in residenza presso l’American Academy in Rome, il Montalvo Arts Center’s Lucas Artist Program e la Stoney Road Press. Tra le mostre più importanti ricordiamo: Nancy Toomey Fine Art (San Francisco); Turner Carroll Gallery (Santa Fe); Walter Maciel Gallery (Los Angeles); Montalvo Arts Center; San Francisco Arts Commission Gallery; De Saisset Museum; The Battery; San Jose Institute of Contemporary Art; Berkeley Arts Center; Alcatraz Island; Museo Laboratorio della Mente (Roma). Il suo lavoro è stato pubblicato, tra l’altro, su ARTnews, KQED/PBS, The Huffington Post e Visual Art Source.
Daniele Puppi (Pordenone 1970)
Vive e lavora tra Roma e Cordenons. Fin dal suo esordio nel 1996 con Fatica n.1, installazione
video-sonora site specific, lavora a scardinare quell’ idea di spazio, che ancora si percepisce e ruota all’interno delle coordinate euclidee. Puppi concepisce il lavoro come un vero e proprio work in regress, che nasce dopo un periodo di gestazione trascorso all’interno degli spazi, durante il quale l’artista sperimenta l’ambiente e stabilisce con esso una relazione quasi carnale, valutandone limiti e potenzialità. Privilegiando la video installazione ha manifestato una nuova attitudine al mezzo enfatizzando e rovesciando radicalmente l’utilizzo del suono e della riconfigurazione visivo-architettonica che sempre diventa altro da sé. Le tecnologie utilizzate – videoproiettori, led-screen, sincronizzatori, amplificatori, sub woofers, speakers, microfoni – sono funzionali all’attivazione e all’amplificazione multisensoriale delle facoltà percettive, visive e uditive dello spettatore, come parte integrante dell’opera stessa. Lo spettatore/visitatore è chiamato a entrare in una nuova e straniante dimensione spazio-sensoriale. Tra le principali mostre personali: VENTIVENTUNO (Magazzino Gallery, Roma, 2021) ALIE(N)ATION (Minnesota Street Project. San Francisco, 2018) RESPIRA (Galleria Borghese, Roma 2017); GOTHAM PRIZE (Istituto italiano di cultura, New York 2015); 432 HERTZ, (Australian Experimental Art Foundation, Adelaide 2013); HAPPY MOMS (MAXXI, Roma 2013); FATICA n.23 (Galleria Nazionale, Roma 2010); FATICA n.16 (HangarBicocca, Milano 2008); FATICA n. 27 (Melbourne International Arts Festival. Melbourne 2005). Tra le principali mostre collettive a cui ha partecipato: THE CIRCUS WE ARE! (Namur, BE, 2022); VIDEOARTE IN ITALIA, IL VIDEO RENDE FELICE (Palazzo delle esposizioni – Roma, IT, 2022); 18° FESTIVAL INTERNACIONAL DE LA IMAGEN (Manizales, CO, 2019); ID. ART:TECH EXHIBITION (Ca’ Foscari Zattere Cultural Flow Zone. Venezia, VE, 2019); THE RAFT – Art Is (Not) Lonely (Mu.ZEE – Oostende, 2017); CYFEST 12 (International Media Art Festival – Media Center – New York, NY 2018); 17 NEW ARTISTS INTEGRATION (Jan Fabre Troubleyn/ Laboratorium, Antwerp, 2015); EL TOPO (Nuit Blanche, Paris, 2013); DIGITALIFE – HUMAN CONNECTIONS (Ex-Gil/ Macro Museum, Rome, 2012); SPHERES 4 (Galeria Continua/ La Moulin, France, 2011/12); TAKING TIME (M.A.R.C.O. Museum, Vigo, Spain, 2007); TUPPER UND VIDEO (Marta Herford Museum, Germany, 2006).
RAMO 6.0
2021
Francesco Arena
(1978,Torre Santa Susanna – Brindisi).Vive e lavora a Cassano delle Murge – BariLa ricerca di Francesco Arena si muove da una riflessione semiotica della re-altà, approdando al linguaggio scultoreo-installativo e ambientale, attraverso materiali e forme che si trasformano nelle sue opere in sottili figure retori-che recanti significati altri. I numeri, gli avvenimenti storici, parole estra-polate dal mondo della letteratura sono alcuni dei contenuti o degli indizi che riempiono l’alveo simbolico e sospeso nel tempo di molti suoi lavori. Spesso è il titolo a contenere o completare le opere, ponendosi come specchio e rifles-sione sul significato intrinseco dell’opera. L’indagine di una sinossi segnica di enigmi e paradigmi appartenenti alla storia collettiva si accosta ad una ri-cerca di materiali grezzi e utilizzati poiché apportanti significato e costrui-ti con una complessa trama di corrispondenze con il pensiero dal quale l’opera si origina.
RAMO 5.0
2019
Josè Angelino
Ragusa, 1977. Vive e lavora a Roma. La ricerca artistica di Josè Angelino coincide con la sperimentazione scientifica e viceversa, portando alle estreme conseguenze il mondo delle immagini e quello dei comportamenti fisici della materia. Dunque, pensiero scientifico e linguaggio artistico sono i due poli tra i quali tende l’opera dell’artista in una costante ricerca di equilibrio e gioco di tensioni materiche e poetiche. Le sue opere sono installazioni da concepire come singoli universi a se stanti, sistemi o organismi funzionanti attraverso un preciso processo innescato dall’artista – come il flusso dei gas, le vibrazioni delle onde sonore, il movimento creato da una fonte di calore e così via- indagando le relazioni che esso instaura con l’ambiente circostante e con le inevitabili interferenze che si generano. Molte opere si strutturano secondo il processo in atto che risulta avere un funzionamento di “preferenzialità”. L’artista mette perciò in evidenza le dinamiche degli elementi presenti e la loro tendenza a prediligere dei comportamenti rispetto ad altri.
RAMO 4.0
2018
Jorge Peris
Alzira (Spagna), 1969. Vive e lavora a El Palmar (Spagna). Il suo lavoro, principalmente caratterizzato da installazioni site-specific, è generato da materiali naturali che apportano nell’opera un senso di legame radicale al processo metamorfico della materia. La ricerca dei materiali coincide con quella dell’equilibrio, della tensione e del rapporto uomo-natura in termini di visione e avvicinamento al processo vitale. Il sottile limite dell’equilibrio viene spesso sfidato dall’artista attraverso la costruzione di installazioni scultoree che diventano architetture naturali, monumenti della vita e della morte, generatori di nuovi ambienti spaziali. Gran parte della sua produzione è di origine organica e i lavori si trasformano seguendo i processi chimico-naturali delle componenti materiche.
RAMO 3.0
2016
Gianni Caravaggio
Rocca San Giovanni, 1968. Vive e lavora a Milano e Sindelfingen (Germania). Insegna scultura presso l’Accademia di Belle Arti di Brera, Milano. Il lavoro di Gianni Caravaggio tratta il linguaggio scultoreo come un ricercare filosofico, un’estensione del pensiero. Il marmo o i metalli come bronzo, alluminio o zinco sono i materiali privilegiati dall’artista e diventano nell’opera sculture rarefatte tese a riflettere i sistemi del sapere. Come il filosofare procede per ragionamenti aperti e possibili confutazioni, così le opere di Caravaggio pongono interrogativi, catturano le corrispondenze forma-materia, fino a suggerire la genesi dell’opera stessa come un atto demiurgico di riminiscenza platonica.
RAMO 2.0
2015
Simone Berti
Adria, 1966. Vive e lavora a Milano.
Il lavoro di Simone Berti parte da un atteggiamento mentale rivolto ad indagare gli interrogativi sulla realtà, prendendo le mosse da una “condizione dubitativa come strumento di conoscenza”, come afferma l’artista stesso. La scultura, il disegno, la pittura o la performance sono i mezzi utilizzati dall’artista per restituire in forma materica ed esperienziale visioni della mente e apparizioni inaspettate.
Valentina Vetturi
Reggio Calabria, 1979. Vive e lavora a Bruxelles.
La pratica artistica di Valentina Vetturi intreccia memoria, scrittura e performance. Le sue opere si compongono attraverso lunghi processi e coinvolgono frammenti di realtà apparentemente molto diversi. Al continuo confine tra presenza e assenza i personaggi e le voci che popolano le sue performance e installazioni sono interpreti numerosi e invisibili del mondo che ci circonda.
RAMO 1.0
2014
Stefano Arienti
La ricerca di Stefano Arienti affronta molti dei temi legati al complesso “sistema della visione” nella convinzione che la pratica artistica possa contribuire a risvegliare le percezioni sopite dalla sovraesposizione agli stimoli a cui siamo sottoposti. In tal modo si rivolge allo spettatore coinvolgendolo in un processo mentale indipendente, critico e consapevole. Arienti utilizza e manipola materiali di uso comune sperimentando ed elaborando di volta in volta tecniche e metodologie inedite. Piegando, traforando o bruciando la carta, cancellando testi ed immagini, ricalcando stoffe e fotografie, l’artista lascia entrare il pubblico nel suo mondo dominato da atti apparentemente ripetitivi, gesti ludici presi in prestito dai bambini, dalla leggerezza e dal gioco. La sua indagine investe anche il materiale e le tecniche attraverso i quali le immagini sono costruite e presentate. Così un libro può essere trasformato in un volume plastico, un fumetto in un cilindro, un disegno può recuperare la forma plastica che prima, in quanto disegno, mimava.
Giuseppe Pietroniro
(Toronto, 1968) Vive e lavora a Roma. La ricerca di Giuseppe Pietroniro parte da un’atteggiamento di distanza intellettuale tra idea e forma, cosa che porta l’artista ad elaborare opere che giocano con il doppio e con la dilatazione dei confini in termini di fluidità percettiva e concettuale. La sua pratica attraversa diversi linguaggi espressivi: dall’installazione alla messa in scena pittorica, dal collage alla fotografia installativa. Nel suo lavoro sintetizza, in maniera sottile e consapevole, elementi che provengono da differenti tradizioni artistiche. Sempre centrale è la riflessione sullo spazio, sul vuoto e sulla facoltà dei luoghi di trasformare la percezione di chi li abita, li attraversa fisicamente o li misura con lo sguardo. Le sue opere sono perciò il risultato di un’indagine filosofica ed esistenziale che, attraverso l’uso di oggetti quotidiani modificati per creare illusioni ottiche e artifici formali, ribaltano prospettive e percezioni spaziali. Filo conduttore nei suoi lavori è il concetto di limite come categoria connaturata all’uomo e al tempo: limite della visione, limite dello spazio, limite della relazione tra uomo e uomo, tra uomo e spazio.
RAMO 5.0
2019
Josè Angelino
Ragusa, 1977. Lives and works in Rome. Angelino’s artistic research involves scientific experiments and vice versa, bringing the world of images and the physical behavior of matter to extreme consequences. Scientific thought and artistic language are the two poles between which the artist’s work oscillates, in a constant search for equilibrium and a play on material and poetic tensions. His works are installations conceived as individual universes in their own right, systems or organisms that function in agreement with a very accurate system prompted by the artist himself – such as gas flow, sound wave vibrations, movement activated by a heat source and so on – that investigate the relations established with the surrounding environment and the interferences that are inevitably engendered. Many works are structured according to an ongoing process that works in keeping with a “preferential” order. The artist highlights the dynamics of the elements used and their tendency to prefer certain behaviors as opposed to others.
RAMO 4.0
2018
Jorge Peris
Alzira (Spain), 1969. Lives and works in El Palmar (Spain). His work is mainly characterized by site-specific installations and is composed of natural materials, which bring to his work a sense of being radically bound to the material’s process of metamorphosis. Research on materials coincides with a research on equilibrium, tension, and the relationship between man and nature in terms of vision and knowledge of the life cycle. The artist often challenges the subtle limit offered by equilibrium through the creation of sculptural installations that become natural architecture and monuments on life and death, generators of new spatial environments. Much of his artistic production is of organic origin and the works themselves are transformed by the chemical-natural processes of their material components.
RAMO 3.0
2016
Gianni Caravaggio
Rocca San Giovanni, 1968. Lives and works in Milan and Sindelfingen (Germany). Teaches sculpture at the Brera Academy of Fine Arts in Milan. Gianni Caravaggio’s work treats sculptural language as philosophical research, an extension of thought. His preferred materials are marble and metals such as bronze, aluminum and zinc; these become rarefied sculptures aimed at reflecting systems of knowledge. As philosophizing proceeds by open reasoning and possible refutations, so Caravaggio’s works poses questions and captures the correspondences between form and matter, suggesting that the genesis of the work itself is a demiurgic act of Platonic reminiscence.
RAMO 2.0
2015
Simone Berti
Adria, 1966. Lives and works in Milan.
Simone Berti’s work starts from a mental approach aimed at investigating questions about reality, taking, as the artist states, a “doubtful condition as an instrument of knowledge” as his departure point. The artist uses sculpture, drawing, painting and performances to return mental visions and unexpected appearances to their material and experiential form.
Valentina Vetturi
Reggio Calabria, 1979. Lives and works in Brussels. Valentina Vetturi’s artistic practice entwines memory, writing and performance. Her works is formed through long processes and engages with what might appear to be very differenty. Perpetually on the border between presence and absence, the characters and voices that populate her performances and installations are the numerous and invisible interpreters of the world around us.
RAMO 1.0
2014
Stefano Arienti
Stefano Arienti’s artistic research addresses many of the issues related to the complex “system of vision” in the belief that artistic practice can help awaken perceptions that have lain dormant due to the stimuli overexposure to which we are subjected. He addresses the viewer by involving him in a mental process that is independent, critical and conscious. Arienti uses and manipulates commonly used materials, each time experimenting and developing new techniques and methodologies. By folding, perforating or burning paper, erasing texts and images, or tracing fabrics and photographs, the artist allows the public to enter his world, dominated by apparently repetitive acts and playful gestures borrowed from children, lightness and play. The materials and techniques through which images are constructed and presented are also investigated. Thus a book can be transformed into a plastic volume, a comic book into a cylinder, and a drawing can be restored to the very form that it was simulating.
Giuseppe Pietroniro
Toronto, 1968. Lives and works in Rome. Pietroniro’s artistic research departs from a position of intellectual distance between ideas and form, which brings the artist to elaborate works that engage with duality and the extension of boundaries in terms of perceptive and conceptual fluidity. His practice extends across different expressive languages: from installations to pictorial mise-en-scenes, and from collage to photo- installations. In his work he subtly and consciously synthesizes elements from different artistic traditions. Central to his artistic production is a consistent reflection on space, the void and how places have the power to transform those who live in or traverse them, physically crossing them or measuring them with their own eyes. His works are the result of a philosophical and existential investigation that, through the use of everyday objects modified to create optical illusions and formal compositions, overturn spatial perspectives and perceptions. The thread running though all of his works is the concept of limit as a category intrinsic to both man and time: the limits of vision, the limits of space, and the limits inherent to the relatedness between men, as well as between man and space.